Svět bez válek a násilí

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Chomsky: lo scudo spaziale è un'arma di attacco

Internazionale Umanista sull’Afghanistan

19.12.2008
Il 7 ottobre 2001 gli Usa, insieme alla Gran Bretagna, lanciarono l’operazione militare “Operazione Pace Duratura” ,in risposta all’attacco dell’11 settembre, dando inizio alla cosiddetta “Guerra al terrore” che ancora continua…

Gli obiettivi dichiarati erano la cattura di Bin-Laden e la destituzione del regime Talebano, quest'ultimo raggiunto nel giro di cinque settimane con l’aiuto delle forze Afgane dell’Alleanza del Nord.

Tutto ció accadeva senza alcuna risoluzione da parte dell’ONU che desse qualche forma di legalitá a questa operazione; tutti i prigionieri fatti in questa operazione vennero definiti “terroristi” e non “soldati”, negando cosí i loro diritti e la protezione della Convenzione di Ginevra, e sottoponendoli a processi indiziari.

Oggi, a distanza di piú di 7 anni, le forze straniere si trovano ancora lí e ci sono centinaia di prigionieri reclusi senza processo presso la Baia di Guantanamo, nell’isola di Cuba.

Di fronte a questa situazione l’Internazionale Umanista osserva quanto segue:

1. Questa guerra é iniziata illegalmente. Tutti i paesi che vi hanno partecipato e quelli che hanno contribuito con truppe, appoggi militari o con il proprio spazio aereo sono aggressori (1) che hanno violato le leggi internazionali. Solo dopo che l’ONU ha deciso di creare l’ISAF (International Security Assistance Force, (2) l’operazione é stata in qualche modo legittimata, in seguito alle dichiarazioni di George W. Bush del tipo “ con noi o contro di noi” (3), dichiarazioni chiaramente minacciose, per nulla proprie dell’ambito diplomatico.

2. Questa guerra é immorale. Lo sono tutte le guerre, naturalmente, ma in questo caso l’utilizzo continuato in Afghanistan di uranio impoverito, che incredibilmente é stato usato nelle zone urbane piů importanti (inclusa Kabul) con una popolazione di piů di 3 milioni di persone, fará sí che nei prossimi anni la mortalitá causata dal cancro raggiunga livelli inimmaginabili.

3. Le morti di civili sono giá decine di migliaia. 

4.Ogni tipo di fondamentalismo religioso é anti-umanista. Una dottrina religiosa, quando viene utilizzata da leader politici o religiosi per giustificare l’uso della guerra o della violenza come strumento per produrre cambiamenti sociali o per mantenere un sistema sociale, é in totale contraddizione con il principio fondamentale delle religioni : la regola d’oro “Tratta gli altri come vuoi essere trattato”.

La nostra posizione

E’ importante sottolineare che noi Umanisti non abbiamo creato questa situazione; non possiamo risolverla da soli, né ci interessa metterci a discutere con quelli che hanno interessi economici in questa zona geo-politica.

Questa situazione sicuramente ha le sue radici nella colonizzazione Britannica, a cui hanno fatto seguito l’invasione dell’URSS e la guerra con i Muyaeddin, finanziati dagli USA, e il conseguente rifiuto dell’amministrazione nordamericana di Ronald Reagan di fornire qualunque tipo di aiuto allo sviluppo del paese dopo il ritiro dell’URSS.

Non vediamo alcun modo semplice per far cessare immediatamente questa mattanza. Dal nostro punto di vista, le misure per affrontare il problema sono:

1.Iniziare immediatamente il processo di ritiro delle forze di occupazione degli USA e dell’ISAF dall' Afghanistan, delegando la loro missione all’Esercito Nazionale Afgano. I governi stranieri che cercano di incrementare il numero delle proprie truppe ingannano se stessi se pensano che questa azione porterá beneficio. Al contrario, piú durerá la loro permanenza, piú aumenterá l' odio, favorendo la ricostituzione delle forze Talebane.

2.Portare tutte le parti in causa nel conflitto Afgano ad un tavolo di negoziazione insieme a negoziatori dell’ONU, includendo altri paesi che abbiano interessi nella regione, come il Pakistan, l'Arabia Saudita e l' Iran. In ultima istanza, questa situazione dovrá essere risolta dagli stessi afgani, di tutte le diverse etnie, sedendosi insieme a un tavolo con l'obiettivo di trovare una strategia di disarmo della popolazione, fortemente armata in ogni sua fazione. Se ci fosse accordo su questo, bisognerebbe organizzare una Missione di Pace dell’ONU che veda un grande coinvolgimento dei paesi della regione, che vengano accettati da tutte le parti. La storia dimostra che é solo attraverso il dialogo che si possono risolvere i conflitti. “I dati a partire dal 1968 indicano che i gruppi terroristi raramente smettono di esistere in seguito a una campagna militare in cui si vince o si perde. Al contrario, la maggior parte dei gruppi smette di agire grazie alle azioni condotte dalla polizia locale o dalle agenzie di intelligence, oppure grazie al fatto di essersi integrati nel processo politico”.

3. Il denaro guadagnato in operazioni militari in Afghanistan sarebbe impiegato piú opportunamente nello sviluppo economico del paese e nel reimpatrio dei milioni di afgani rifugiati all’estero. L’Afghanistan ha bisogno di un’economia sufficientemente forte da fornire posti di lavoro, salute e educazione a tutto l’insieme della popolazione senza discriminazione alcuna, che non sia dettata dal FMI e dalla Banca Mondiale che hanno interesse ad implementare anche in altri paesi un modello economico fallimentare.

4. Trovare il modo di portare Bush e Blair davanti ai tribunali per i crimini di guerra commessi in Afghanistan, per tutte le morti di civili e per l’utilizzo di uranio impoverito e di bombe a grappolo nel paese.

5. Investire immediatamente maggiori fondi per i servizi sanitari per curare i casi di cancro e per la decontaminazione dell’ambiente, necessaria per ridurre al massimo gli effetti della polvere di uranio nel paese.

6. Investimenti immediati in un sistema educativo non violento e finalizzato alla risoluzione dei conflitti, che si ponga come obiettivo dotare la gente di strumenti che consentano il cambiamento della societá senza bisogno di ricorrere alla violenza.

Questo non é tutto ció che manca. Per porre fine alla violenza in Afghanistan é necessaria una soluzione internazionale congiunta dell’Assemblea dell’ONU; una soluzione basata sulla nonviolenza come metodologia di azione.

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