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Chomsky: lo scudo spaziale è un'arma di attacco

McCain attacca, ma si fa male

16.10.2008
Nel terzo e ultimo duello in tv Obama tiene a distanza il repubblicano, sempre più a corto di armi.

I sondaggi lo danno in caduta libera, la crisi economica gioca a sfavore di qualsiasi repubblicano, e il presidente in carica sembra un appestato col quale nessuno vuole avere a che fare. Diventato ormai lo sfidante al favorito, invece del successore di un leader del suo stesso partito, nell'ultimo confronto tv John McCain è andato all'attacco di Barack Obama: tanto, non aveva più niente da perdere. Ma dopo l'effetto iniziale, piano piano i pugni del vecchio combattente hanno perso forza contro il giovane rivale, che ha schivato i colpi mantenendo la calma per tutta la durata del dibattito. E che in sostanza, anche se il confronto è finito in sostanziale parità, può ora limitarsi ad amministrare l'enorme vantaggio – a livello nazionale e soprattutto in tanti Stati fino a poche settimane fa dati come incerti– che i sondaggi gli assegnano.

Gli attacchi di McCain. Con un format diverso dai due precedenti – i due candidati seduti a un tavolo di fronte al moderatore Bob Schieffer, con spazio per risposte e contro-risposte – il dibattito è stato il più interessante dei tre. McCain ha attaccato da subito, portando al centro del discorso un elettore dell'Ohio che alcuni giorni fa aveva confrontato Obama sulla proposta di lasciar cadere gli sgravi fiscali a chi guadagna più di 250 mila dollari all'anno. “L'idraulico Joe” - esempio della middle class bianca preoccupata della crisi – è diventato così a sorpresa la star del dibattito, citato decine di volte. Ai discorsi di McCain per “parlare direttamente a Joe”, Obama ha risposto punto per punto, accettando il gioco e guardando anche lui dritto in camera. Le accuse di McCain sulla sanità, sulle tasse e sul proposito di scatenare una “guerra di classe” con la sua politica fiscale redistributiva  erano potenzialmente pericolose, ma Obama le ha gestite con compostezza. Molti commentatori gli rimproverano quel tono da “professorino”, e tanti simpatizzanti lo vorrebbero più combattivo; ma alla fine la capacità di Obama di rispondere con calma e nei dettagli, specie in momenti difficili come questo per gli Usa, sembra pagare.

Lo spettro della sconfitta. Di fronte al rivale così cool, più passava il tempo, più McCain sembrava perdere la pazienza. Gli è uscita bene la frase “Senatore Obama, io non sono George Bush. Se voleva correre contro di lui, doveva candidarsi quattro anni fa”, ma nel resto del dibattito il candidato repubblicano ha mostrato preoccupanti segni del suo livore e della sua impazienza. Ha portato in tv le accuse – vecchie di sette mesi – ad Obama di avere legami con il “terrorista” Bill Ayers, un professore universitario di Chicago membro di un gruppo estremista, che comunque non è mai stato condannato per alcunché. Ma si è soffermato a lungo, troppo, sulle “pubblicità negative” di Obama contro di lui, nonché sul fatto che il rivale abbia rinunciato ai finanziamenti statali per la campagna elettorale (evitando così un tetto alla raccolta, che McCain è invece tenuto a rispettare). Insieme al suo atteggiamento mentre parlava Obama – ghigni di incredulità, fretta di rispondere senza neanche lasciarlo finire, appunti scribacchiati furiosamente – l'impressione è stata quella di un anziano politico che sente già scivolare via la vittoria contro un rivale di 25 anni più giovane, che parla meglio, che raccoglie più soldi, che sta prendendo il largo nei sondaggi. E che alla fine ha dovuto salutare con una pacca sulla spalla riconoscendogli di aver fatto un “good job”, un bel lavoro. Solo due settimane fa, nel primo confronto in tv, non lo aveva degnato di uno sguardo.

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