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Chomsky: lo scudo spaziale è un'arma di attacco

Vicenza, esperimento di partecipazione

7.10.2008 - Michelangelo Severgnini

E’ cominciato all’alba il giorno dell’orgoglio vicentino, perlomeno di quella parte di Vicenza, estesa, radicata, se non maggioritaria, che si oppone alla costruzione di una nuova base militare americana in cittŕ. Questo sembra essere il risultato di una consultazione popolare anomala, e sorprendente, perché da mercoledě 1 ottobre il Consiglio di Stato si era pronunciato sul referendum, definendolo “un auspicio irrealizzabile”, annullandolo.
 
La giornata di domenica 5 ottobre si č trasformata nell’occasione di una grande iniziativa popolare per il ripristino del diritto alla consultazione. Sono stati cosě allestiti nel giro di tre giorni 32 “centri di raccolta”, gazebo portati da diverse associazioni della cittŕ, posizionati davanti alle scuole e agli edifici pubblici che avrebbero dovuto ospitare i seggi del referendum. Una decina i volontari per ciascun seggio che si sono dati il cambio durante tutta la giornata per permettere ai propri concittadini di esprimere il loro voto, dalle 8 alle 21. A sorvegliare la corretta applicazione delle procedure di voto un “comitato per la consultazione”, diretto a sua volta da un “comitato dei garanti”, composto da notai della cittŕ.

Verso la mezzanotte di una lunga e storica giornata per la cittŕ (e forse non solo), in piazza Castello, a una folla di un migliaio di vicentini sono stati comunicati i numeri usciti dalle urne. Aventi diritto al voto: 88,112. Votanti: 24.094, 96 percento dei quali contrari alla base. Ha pertanto deciso di votare circa il 27 percento dei cittadini di Vicenza con diritto di voto. Il quorum, stabilito prima del pronunciamento del Consiglio di Stato, era stato posto intorno ai 35mila voti, sulla base dei cittadini che hanno votato al primo turno alle scorse elezioni amministrative di aprile. Pertanto il risultato, letto in questi termini, sembrerebbe marginale. Tuttavia a giudicare dalla reazione della piazza i “no Dal Molin” devono aver avuto comunque piů di un motivo per festeggiare. La giornata del referendum parallelo č stata per loro comunque un successo e un applauso liberatorio ha salutato la comunicazione dei voti.

Qualche considerazione. Sarebbe quantomeno improprio per non dire ingeneroso impugnare questi numeri ora, quando la consultazione si č svolta in evidenti condizioni di disagio, per la semi-clandestinitŕ dei gazebo-seggi nonché per le casuali o meno imprecisioni divulgate dalla stampa locale (il giornale locale “Gazzettino”, nelle pagine dedicate a Vicenza” dava 9-13 come orario di apertura dei seggi), depistaggi e piů o meno velate intimidazioni. Domenica mattina non era raro incontrare passanti vicentini sorprendersi dicendo: “Ah, ma allora alla fine il referendum si fa lo stesso?”.

Inoltre per pesare questi numeri andrebbe considerato che piů o meno con gli stessi voti l’attuale sindaco Achille Variati č stato eletto lo scorso aprile al ballottaggio, quando i votanti erano stati circa 51mila. E’ vero, soltanto poco piů di un quarto dei vicentini aventi diritto hanno votato, ma č un quarto che pesa.

Infine, questo referendum non era inerente un tema di carattere ineludibile ed universale, come “nucleare sě, nucleare no”, oppure “ogm sě, ogm no”, oppure ancora “ponte sě, ponte no”. Perché chi si č pronunciato non č comunque titolare del progetto in questione. 

Il progetto č un’idea dell’amministrazione americana, che per convenienza o per opportunitŕ, potrebbe considerare quei 24.094 voti davvero troppo pesanti. Come a dire che, anche se il quorum non č stato raggiunto, in un sillogismo imperfetto, i militari statunitensi non hanno nessun obbligo di costruire una nuova base militare a Vicenza. E, a giudicare dalle prima parole del sindaco Achille Variati, pronunciate sotto il tendone del “media center” di piazza Castello verso mezzanotte di domenica, una volta comunicati i dati definitivi, sembrerebbe questa la linea che i “no Dal Molin” adotteranno da qui in avanti.

“Questa giornata non la dimenticheremo facilmente – ha detto il sindaco alla folla commossa - Questo risultato non č confrontabile con altre votazioni istituzionali. E’ stato un evento straordinario e noi siamo fieri di avervi partecipato. Vicenza č finalmente una cittŕ in movimento ed č anche un campanello d’allarme per la politica nazionale”.

Di fatto le istituzioni italiane tutte, dal Governo, al presidente del Consiglio (che ha definito “gravemente inopportuno” il referendum), al Consiglio di Stato, alle segreterie di tutti i partiti, hanno perso con questo comportamento ogni credibilitŕ di fronte a tutti coloro che a Vicenza hanno visto usurpato il proprio diritto di voto di cittadini di una societŕ democratica.

Pertanto si capiscono le ultime parole con le quali il sindaco ha salutato i concittadini: “D’ora in avanti i nostri soli interlocutori saranno gli Americani”, che a questo punto sono di fronte a un dato certificato, seppure non maggioritario, comunque esteso e radicato: che al meno un vicentino su quattro non gradisce la costruzione della nuova base militare e tra coloro che non gradiscono vanno inclusi i componenti della maggioranza comunale. Ed č probabile che la prossima mossa a breve dei “no Dal Molin”, nella persona del sindaco, sarŕ proprio la consegna ufficiale a mano all’ambasciata americana in Italia delle schede del referendum.

Un paradosso aritmetico. Proprio gli Americani infatti dimostrano di prendere sul serio anche poche migliaia di voti. Per molti meno Bush nel 2000 si aggiudicň lo stato della Florida che gli permise di guadagnare la Casa Bianca. Allora poche migliaia di voti cambiarono la Storia del mondo. Oggi, 24.094 voti potrebbero bastare per cambiare almeno la Storia di Vicenza.

Fonte: peace reporter
http://www.peacereporter.net/dettaglio_articolo.php?idart=12358


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